GIORDANA-FAUCI

SABRINA-MOSER-IANESMamme e diabete: un rapporto complesso, con diverse sfaccettature. Giordana e Sabrina, due storiche amiche di Tuttodiabete, ce ne hanno parlato, raccontandoci le loro esperienze, differenti ma collegate, in cui molte altre mamme potranno facilmente riconoscersi.

Mamme e diabete” può significare situazioni molto diverse: affrontare una gravidanza portandosi dietro il peso del diabete con cui si convive da anni oppure non avere mai pensato in vita propria al diabete finché un giorno, all’improvviso, viene diagnosticato alla tua bambina. È ciò che è capitato rispettivamente a Giordana (foto a sinistra) e a Sabrina (foto a destra). In entrambi i casi ci si deve misurare con una realtà difficile, con problemi impegnativi, ma si può vincere la propria partita, come sono riuscite a fare appunto Giordana e Sabrina. Lasciamolo dire a loro, nella rievocazione delle loro vicende personali, vissute qualche tempo fa (oggi le loro bambine sono diventate grandi e stanno tutte bene), interessanti e istruttive.

Giordana: l’osservanza delle regole, delle terapie prescritte e il costante autocontrollo quotidiano mi hanno permesso la realizzazione di un sogno con la nascita della mia bambina.

Giordana Fauci, scrittrice romana, laureata in giurisprudenza, diabetica insulinodipendente dall’età di 12 anni non soltanto vive sulla propria pelle il diabete di tipo 1 da oltre trent’anni, ma si è anche con costanza impegnata nel volontariato e nell’informazione. Nel suo libro “Il diabete: aspetti medico-legali, psicologici e sociali e sociali” (edito da BookSprint, recentemente ripubblicato in versione aggiornata) ha approfondito anche il tema diabete e gravidanza, mettendo in luce “accorgimenti, inconvenienti e pericoli”, ma ha tenuto anche a sottolineare che l’osservanza delle regole, delle terapie prescritte e il costante autocontrollo quotidiano le “hanno permesso la realizzazione di un sogno”, con la nascita della sua bambina, che non è stata toccata dal diabete.

Giordana non nasconde mai le difficoltà che la condizione diabetica comporta, ma al nostro giornale ha dichiarato con sicurezza che “ai giorni nostri il diabetico ben compensato può permettersi di vivere senza alcuna limitazione; potete credere alle mie parole: ho avuto modo di sperimentarlo personalmente”. E questo vale anche per quella “esperienza straordinaria” che è stata diventare madre.

La parola a Giordana: “Di sicuro la gravidanza non è stata semplice, ho avuto molti problemi, ma, alla fine, tutto si è risolto per il meglio: sia mia figlia sia io siamo uscite indenni da questo meraviglioso evento. La bimba è nata all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma ed è stata seguita da un’équipe di esperti neonatologi. Io ho vissuto sotto stretto controllo medico non soltanto nei nove mesi della gestazione, ma anche nel periodo precedente e in quello successivo. Il primo consiglio che voglio dare a una donna che intende affrontare tale evento è di programmarlo. Infatti, la gravidanza di un soggetto diabetico deve avvenire in un momento di buon equilibrio glicemico: dare avvio a questa fondamentale esperienza in condizioni non ottimali vuol dire andare incontro a problemi molto seri ed estremamente gravi (soprattutto per il nascituro). È bene, quindi, che la donna diabetica sia seguita da un ginecologo esperto in gravidanze “a rischio”, e da un diabetologo specializzato”.

“Gli esami da eseguire in laboratorio -prosegue Giordana- sono quelli tipici, a cui ogni donna si deve sottoporre, ma devono essere fatti anche quelli mirati al controllo del diabete. In particolare, è opportuno intensificare i controlli quotidiani della glicemia e della glicosuria: infatti, nei primi tre mesi di gravidanza, si tende a soffrire di crisi ipoglicemiche. In quel periodo è, dunque, utile diminuire la dose di insulina e/o aumentare le quantità di carboidrati presenti nella dieta. Di contro, nei mesi successivi al terzo, si noterà un innalzamento dei valori glicemici: pertanto, la dose di insulina dovrà sicuramente aumentare. Non si dimentichi, poi, che l’ansia e lo stress psicologico della partoriente possono far peggiorare i profili glicemici”.

“Personalmente, oltre a seguire i consigli dei medici e a effettuare tutti i controlli prescritti, io sono stata scrupolosa nell’eseguire l’automonitoraggio della glicemia. Questi sacrifici mi hanno ripagata: la bimba è nata sana e anch’io non ho riportato conseguenze negative. I medici mi hanno inoltre concesso di assistere alla nascita di mia figlia e di stare insieme con lei subito dopo il parto (come avviene in situazioni “normali”). E pensare che mi era stato sconsigliato di affrontare questa gravidanza. I medici ritenevano (giustamente) che l’epoca di insorgenza della patologia potesse influire in maniera estremamente sfavorevole su un evento del genere. E, a loro parere, io ero diabetica da troppi anni. Ma la mia voglia di diventare mamma è stata talmente grande che mi ha dato la forza di intraprendere e vincere questa difficile battaglia”.

“Ancora una volta posso affermare con certezza che il diabete non mi ha condizionata. I medici mi avevano anche avvertita che, dopo il parto, si sarebbero potute sviluppare complicanze. Io sono riuscita a fronteggiare anche questo problema: a gravidanza ultimata, ho effettuato un accurato check-up e, fortunatamente non sono emersi problemi di particolare rilievo. Posso, a ogni modo, assicurarvi che il tenero sguardo di mia figlia mi ripagava di tutto. Il parto è un evento eccezionale per una persona “sana”, figuratevi quanto possa esserlo stato per me! Credetemi: con il diabete si può convivere serenamente, non semplicemente “sopravvivere”. L’importante è adottare semplici regole che, a lungo termine, si riveleranno fondamentali per farci vivere bene e a lungo”.

Sabrina: noi genitori abbiamo fatto da insegnanti alle nostre bambine con il diabete, ma prima abbiamo dovuto imparare noi. Io all’inizio del diabete non sapevo niente.

A Sabrina Moser Ianes di Trento (da anni molto attiva nella Associazione diabete giovanile trentina) è capitata invece un’altra storia da mettere sotto il titolo “Mamme e diabete”. Nel 2006, come un fulmine a ciel sereno, lei e suo marito Paolo si trovano di fronte a qualcosa che non li aveva mai riguardati e che non immaginavano che li avrebbe mai coinvolti: le loro due bambine, una all’inizio di novembre, una alla vigilia di Natale, ricoverate in ospedale. Una era ancora in quinta elementare, l’altra ancora più piccola, di sette anni più giovane. Diagnosi: diabete di tipo 1.

È stato un periodo veramente brutto il 2006 -racconta Sabrina- “All’inizio io non conoscevo niente del diabete. Abbiamo dovuto imparare tutto e poi spiegarlo e insegnarlo alle bambine”. Non è stato facile, come potere immaginare: ci è voluto un paziente lavoro di squadra, con i genitori sempre presenti accanto alle bambine, che per fortuna hanno risposto molto bene, apprendendo con pazienza le regole quotidiane da seguire per tenere a bada il diabete e condurre una vita normale.

Continua Sabrina: “Io non sapevo niente del diabete, ho dovuto imparare sul campo. Pensavo addirittura che un diabetico con un’insulina al mattino fosse a posto per tutta la giornata, non pensavo che una festa di compleanno potesse far alzare la glicemia o che anche il raffreddore potesse incidere. Noi abbiamo fatto da insegnanti per le bambine, ma prima abbiamo dovuto imparare noi. Per esempio, io non avevo mai fatto una puntura in vita mia, e nemmeno mio marito. E abbiamo dovuto poi imparare i dosaggi dell’insulina: si tratta spesso di fare anche esperimenti e prove, che a volte vanno bene a volte no e all’inizio non capisci il perché. Poi piano piano abbiamo imparato, abbiamo cominciato a tenere un diario con le glicemie, le cose che si sono fatte nella giornata, che cosa si è mangiato, le terapie, in modo da capire quali errori si sono commessi e come correggerli”.

Osserva Sabrina: “Quando a uno viene il diabete, è come se venisse a tutta la famiglia. Io infatti vengo definita una diabetica di “tipo 3”, perché anche se la malattia non colpisce in prima persona i genitori, quando il diabete entra in casa, di diabete si ammala tutta la famiglia e i genitori lo vivono quasi quanto i figli, essendo le figure principali di riferimento per la gestione quotidiana. Quindi, si va avanti insieme, si parla, si discute di tutto. Noi genitori dobbiamo aiutare le nostre figlie ad accettare la situazione, ad affrontarla al meglio e a rendersi autonome. E, a dire la verità, rinunce grosse non ne abbiamo mai fatte: ci siamo adeguati a una situazione inevitabile, ma il diabete non deve condizionare tutta la vita. Abbiamo fatto tutto, dai viaggi allo sport, e a casa non si parla soltanto di diabete”.

“Noi genitori abbiamo sempre parlato con le nostre bambine, spiegato, seguito il loro diabete insieme con loro; la più grande ha imparato presto a gestirsi ed è stata uno specchio, un buon esempio per la più piccola. Sono brave, hanno imparato bene, in modo quasi naturale: pian pianino, un po’ alla volta. Noi ci siamo sempre, ma nello stesso tempo vogliamo che si sentano le più libere possibile, che abbiano l’autonomia per andare in giro e svolgere attività sportive per conto proprio, come una vacanza studio in Inghilterra o giocare a pallavolo. Non abbiamo mai limitato niente, perché non volevamo e non vogliamo trasmettere loro insicurezza, vogliamo invece dare loro forza e spronarle. E non abbiamo mai voluto pensare che no, questo non lo facciamo, perché c’è il diabete”.

• Se volete sapere qualcosa di più di Giordana e Sabrina, abbiamo parlato di loro anche qui e qui.