L’obesità è una malattia di per sé e anticamera e concausa di tante altre, compreso il diabete. La sua incidenza aumenta, non così la sua conoscenza. L’Associazione Insieme amici obesi cerca di colmare il vuoto di informazione e di aiutare le persone a uscire dall’isolamento. Ne parliamo con la presidente Marina Biglia.

Se vi imbattete oggi in Marina Biglia (nella foto), incontrate una signora cinquantenne di bell’aspetto e dall’aria serena. Qualche anno fa, però, non sarebbe stata la stessa cosa, perché la sua è una storia di faticosa liberazione da un gran peso o, per essere più precisi, da quel peso di troppo che rende la vita terribilmente difficile, l’obesità.

Marina è infatti la presidente dell’associazione no profit Insieme amici obesi, un’organizzazione, nata nel 2005, che si sta impegnando da anni per portare aiuto a chi soffre di obesità, quella che è ormai riconosciuta come una vera e propria malattia e concausa di altre patologie, non ultimo il diabete.

Anche lei era afflitta da questo problema e ha superato il suo problema nel 2009 grazie alla chirurgia bariatrica: con un by pass gastrico ha perso cinquanta chili (era arrivata a superare i 130) e ora sta bene. Aveva avuto un diabete gestazionale, che si era poi trasformato in diabete di tipo 2: dopo l’intervento, la patologia è regredita. Controlli regolari e stile di vita corretto saranno sempre necessari, ma la cura si è rivelata efficace: con la perdita di peso, la glicemia è tornata nella norma, non occorre più una terapia farmacologica. “Non è una scelta facile -racconta Marina- Si fa quando non c’è altra via, dopo averle tentate tutte. Bisogna essere seguiti e aiutati, anche dal punto di vista psicologico. Però funziona. Uno dei problemi è che le persone non sono informate di questa possibilità e non lo è neppure il medico di famiglia”.

La carenza di informazione, la solitudine, la mancanza di un conforto e di un confronto tra persone con problemi comuni sono proprio i vuoti che il lavoro dell’associazione Insieme amici obesi vuole contribuire a colmare. “Noi vogliamo difendere i diritti del paziente obeso e fornirgli tutte le informazioni che gli servono. Non siamo medici, siamo amici che condividono esperienze: accompagniamo, aiutiamo, consigliamo, spieghiamo quali sono le terapie possibili, segnaliamo i centri di eccellenza del Ssn a cui rivolgersi. Non imponiamo nulla a nessuno, trasmettiamo quello che sappiamo”.
Il principale luogo -virtuale, ma di fatto molto reale- in cui si esplica l’attività dell’associazione è il portale www.amiciobesi.it, un punto di riferimento, uno spazio di libera comunicazione, sul web, che raccoglie circa diecimila iscritti e che spera di crescere ancora, dal momento che coloro che possono avere bisogno di questo genere di aiuto sono ormai milioni. Qui le persone, protette dall’anonimato, si raccontano, si sfogano, si confidano, trovano e comunicano suggerimenti: come dice Biglia, “finalmente si sentono a casa”. E da qui può cominciare un percorso verso la guarigione, che passi per una seria dietoterapia oppure per la chirurgia bariatrica. Proprio incontrando casualmente il sito, la stessa Marina Biglia ha iniziato, dopo anni di disagio e sofferenza, la sua marcia verso “la luce in fondo al tunnel”.
Accanto all’attività in rete, non mancano diffusione di materiale informativo, incontri, riunioni e partecipazioni a convegni per parlare, con medici e pazienti, di questa tematica. Meritano di essere ricordati anche due libri di Marina Biglia: “Il peso irragionevole – Storie di ordinaria obesità” (scaricabile gratuitamente dal sito) e il recentissimo “Togliamoci il peso”, scritto a quattro mani con il medico Carlo Gargiulo (protagonista della trasmissione Rai Elisir), edito da Mondadori.

Marina insiste molto sull’importanza dell’aspetto psicologico del problema, ricordando che molte delle persone che approdano al forum dell’associazione si sentono davvero “disperate”, si vergognano, si autoflagellano e non sanno che cosa fare. La società intorno non aiuta, non capisce e spesso punta il dito accusatore. “Non si può essere colpevolizzati per una malattia -protesta giustamente Marina Biglia- Eppure non c’è comprensione per chi è obeso, gli si dà dello smodato e dell’ingordo, spesso si arriva a dire che suscita disgusto”. Quando va bene, si impone il “cliché del ciccione simpaticone, del grassone sempre allegro. A quello a cui basterebbe un briciolo di forza di volontà per cambiare la sua vita. Basterebbe smettere di mangiare in modo smodato” come se fosse “tutto lì”. E per le donne c’è una difficoltà in più. “L’obesità è donna -afferma infatti la presidente- non tanto per ragioni statistiche quanto per la maggiore visibilità: la si guarda di più e la si nota di più, anche per il tipo di abiti che porta”.

Si comprende quindi il perché “gli obesi spesso si isolano, e noi sappiamo bene che la solitudine è uno dei peggiori nemici dell’obeso, e, quindi, forse solo unendo le voci di più persone e diffondendo l’informazione si può pensare che, prima o poi, anche la società arrivi a comprendere che si tratta di persone malate che, come tali, necessitano rispetto”.
Non dobbiamo “nasconderci come ladri”, scrive Marina nell’introduzione al suo primo libro (che raccoglie tante testimonianze di vita vera, inclusa quella dell’autrice, oltre a una guida alle cure possibili): dobbiamo invece

“Riprendere in mano la nostra vita”.

E per fare ciò, occorre anche un cambiamento personale interiore, accanto a ciò che può fare la terapia, in considerazione del complicato rapporto che si ha con il cibo, che diventa un nemico, però molto attraente e capace di comandare la volontà della persona. Un passo di “Il peso irragionevole” descrive bene questa relazione pericolosa: “La nostra spasmodica ricerca di cibo consolatorio, di uno spazio che sia solo nostro. Riempire un buco nello stomaco e in realtà tentare di riempire un buco dell’anima. Facile pensare di monitorare gli eccessi e le compulsioni. Rimedi da manuale, perfetti per chi non ha mai vissuto reali crisi compulsive da cibo: alterazione di coscienza, panico, ansia, perdita della nozione del tempo, odio, schifo e paura. Constatazione di aver ingurgitato migliaia di calorie in pochi minuti e nemmeno aver capito cosa si è ingurgitato. Il pulsante? Non c’è. Rimedi possibili: mille. Ma il cibo è lì. Bello e consolatorio, dannato e bastardo a coccolarti e a ucciderti un po’. Il grasso ci protegge, ci culla, e a volte ci ghettizza. Perché ci rende malati di serie B. Malati di ingordigia, vittime della gola. Ma mai un vero riconoscimento sociale di malattia, benché l’Organizzazione mondiale della sanità ci riconosca come malati”.

Gli Amici obesi sono in campo proprio per questo: per rimuovere pregiudizi, ignoranza e suggerire una via d’uscita.