Di nuovi farmaci per il diabete si parla spesso, perché rappresentano una delle principali novità degli ultimi anni nella terapia per questa patologia e perché, nonostante la loro comprovata efficacia, non sono utilizzati quanto potrebbero. Le associazioni dei diabetologi lo hanno spesso denunciato, come potete leggere qui e qui.

I nuovi farmaci per il diabete sono sottoutilizzati rispetto alla loro riconosciuta efficacia terapeutica e preventiva: diabetologi e associazioni di pazienti chiedono ai responsabili della sanità di capirne il valore e di rimuovere gli ostacoli al loro pieno utilizzo.

Tra le ragioni che ostacolano il pieno utilizzo dei nuovi farmaci per il diabete, vi sono limitazioni normative come la non prescrivibilità da parte dei medici di famiglia, che pure assistono un’alta percentuale di persone diabetiche, e il negativo fenomeno dell’inerzia terapeutica (vedi, per esempio, qui e qui); ma vengono anche addotte motivazioni economiche, in quanto sono più costosi di quelli di più vecchia data.

Anche il fattore prezzo è stato però sottoposto a critica, perché, se considerato separatamente, non ci dice qual è il reale valore del prodotto, in questo caso del farmaco, e dei benefici che può dare, anche dal punto di vista economico. Di questo si è parlato anche in un recente dibattito organizzato da Motore Sanità sul tema del valore del farmaco. E proprio il caso dei farmaci innovativi per il diabete è stato esposto dall’intervento del presidente della Società italiana di diabetologia Agostino Consoli.

Il presidente della Sid Consoli: “Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche come il diabete, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario”. Appunto il caso dei farmaci innovativi per il diabete di tipo 2.

Argomenta Consoli: “Relativamente ai farmaci, e in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di prezzo e troppo poco in termini di valore. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema Paese. Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2”.

I nuovi farmaci antidiabete “abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica, oltre a mettere a rischio la vita del paziente, può costare al “sistema” -tra pronto intervento, accesso in pronto soccorso ed eventuale ricovero- oltre 5.000 euro”. E alcuni di questi medicinali possono ridurre “fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco”.

Spiega dunque il diabetologo che i nuovi farmaci per il diabete “hanno in genere un prezzo superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati a usare nella prima decade di questo secolo”. Ma per comprendere il loro valore questo elemento non basta.

Bisogna tenere conto di tanti fattori, a cominciare dagli effetti della loro efficacia nel controllo dei valori glicemici, con l’abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile alleggerimento, per la persona con diabete, rispetto alla necessità di controlli assidui.

Ma non è tutto, continua il presidente della Sid: “Abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica, oltre a mettere a rischio la vita del paziente, può costare al “sistema” -tra pronto intervento, accesso in pronto soccorso ed eventuale ricovero- oltre 5.000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio”, sia in termine di sofferenza sia in termini di costi ospedalieri, mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette e aboliamo i “silos” ideologici e amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”.

Sid: i costi diretti per la terapia del diabete sono imputabili per quasi la metà alle ospedalizzazioni; i farmaci antidiabete pesano per il 7%.

Oggi, secondo dati diffusi dalla Sid in occasione della recente Giornata mondiale del diabete, il diabete in Italia ha un costo totale di 20,3 miliardi di euro l’anno, tra costi diretti (46%) e indiretti (54%). All’interno di quelli diretti, la metà (49%) è dovuta alle ospedalizzazioni, il 7% è imputabile ai farmaci antidiabete, il 17% alle visite ambulatoriali, il 23% ad altri farmaci. Sul totale delle spese inerenti al trattamento della patologia, le spese per i device corrispondono al 4%.

Non sono quindi i farmaci, ma i ricoveri ospedalieri il maggior costo per la cura del diabete, e soprattutto delle complicanze della patologia, che sono il principale problema, sia per la salute delle persone diabetiche, sia per il sistema sanitario.

Diabete Italia onlus: è necessario ridare un ruolo attivo alla medicina territoriale sulla gestione dei farmaci innovativi, per i quali oggi non ha accesso alla prescrizione.

Sui nuovi farmaci per il diabete e sulla necessità di estenderne l’utilizzo e facilitarne l’accesso si è pronunciato un recente documento di Diabete Italia, elaborato con la collaborazione di Motore Sanità. Nel documento si chiede infatti di consentire la prescrivibiltà delle nuove molecole da parte dei medici di base.

Occorre -sottolinea Diabete Italia- “ridare ruolo attivo alla medicina territoriale sulla gestione dei farmaci innovativi (molti in scadenza brevettuale), per i quali oggi non ha accesso alla prescrizione. Se si pensa di riportare il territorio a essere centrale nella gestione delle cronicità diabete, come è possibile non fornirlo degli strumenti di cura indicati dalle evidenze scientifiche e dalle linee guida internazionali e nazionali, oramai da anni? Senza questa condizione la presa in carico con le cure adeguate, sul territorio non potrà mai essere efficace e tempestiva”.