Suona forse un po’ strano sentir parlare di persone “diabese”, ma probabilmente dovremo abituarci a questo neologismo, dato che continua a crescere il numero di persone obese e diabetiche.

La parola deriva da diabesity (diabesità), termine coniato dall’Organizzazione mondiale della Sanità che evidenzia la stretta correlazione tra obesità e diabete.
 È “la vera epidemia dei nostri tempi”, commenta Antonio Pontiroli, direttore di Medicina II, Azienda ospedaliera polo universitario San Paolo, e presidente del 10°Congresso nazionale ‘Diabete- Obesità”, recentemente svoltosia Milano.

I dati disponibili sono eloquenti: continua a cresce il numero di persone obese e diabetiche, ovvero diabese.
Secondo gli Annali Amd, in Italia il 66,7% dei diabetici di tipo 2 è obeso.
Un diabetico sovrappeso raddoppia il proprio rischio di morire entro 10 anni rispetto a un diabetico di peso normale; per un diabetico obeso il rischio quadruplica”.
Inoltre, secondo un recente studio dell’Università di Melbourne in Australia, “più a lungo si è obesi, più il rischio di morte cresce: raddoppia se si è obesi per un periodo dai 5 ai 15 anni, triplica oltre i 15 anni”.
 La prima legge da rispettare sarebbe dunque quella di prevenire il rischio controllando il peso con alimentazione equilibrata e regolare esercizio fisico.

Inoltre, secondo un recente studio dell’Università di Melbourne in Australia, “più a lungo si è obesi, più il rischio di morte cresce: raddoppia se si è obesi per un periodo dai 5 ai 15 anni, triplica oltre i 15 anni”.
La prima legge da rispettare sarebbe dunque quella di prevenire il rischio controllando il peso con alimentazione equilibrata e regolare esercizio fisico.
Quando, però, la situazione è già sfuggita di mano e i chili di troppo ci sono già e sono tanti, le strade per tornare indietro sono due: quella farmacologica (con gli incretino-mimetici, che contribuiscono a ridurre i livelli di glucosio e a far diminuire il peso) e quella della chirurgia bariatrica (raccomandata nelle persone adulte con diabete di tipo 2 e obesità grave, cioè con indice di massa corporea uguale o superiore a 35).
Pur se l’intervento è consigliabile soltanto in determinate condizioni, la soluzione chirurgica ha dimostrato di poter dare buoni risultati: “Il calo di peso che si mantiene nel tempo – osserva Pontiroli  – è sufficiente a produrre un sostanziale miglioramento o persino la scomparsa del diabete tipo 2. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato come il dimagrimento prodotto dall’intervento chirurgico abbassi il rischio relativo di mortalità di quasi il 70% a fronte di una riduzione ottenuta con i farmaci antidiabete del 30-40%”.