Un efficace trattamento del diabete può ridurre del 50% il rischio di incorrere in complicanze, che rappresentano l’aspetto più preoccupante della patologia, perché possono danneggiare gravemente parti fondamentali del nostro organismo, come il cuore, gli occhi, il cervello, i reni, gli arti (in particolare i piedi). Si tratta innanzitutto di complicanze microvascolari e macrovascolari, retinopatia, neuropatia, nefropatia, che possono insorgere sia nel diabete di tipo 1 sia in quello di tipo 2.

Uno stretto controllo della glicemia è il primo obiettivo da raggiungere per allontanare il rischio di complicanze del diabete.

La strategia giusta per evitare queste degenerazioni, che portano pesanti problemi di salute e aumentano il numero di decessi, oltre a far crescere i costi per il sistema sanitario, è un buon trattamento, che ha come primo obiettivo il controllo stretto della glicemia.

Una utile sintesi della problematica, con cifre, indicazioni e raccomandazioni, supportate dalle citazioni di studi scientifici autorevoli, possiamo trovarla nel capitolo “Il diabete e le sue complicanze”, prima parte del saggio “Diabete e obesità”, curato da Alfonso Bellia, Francesco Dotta, Simona Frontoni di Ibdo (Italian Barometer Diabetes Observatory) Foundation (contenuto nel decimo “Italian Diabetes and Obesity Barometer Report”, pubblicato nell’aprile 2017 con il titolo “Facts and figures about type 2 diabetes and obesity in Italy”, redatto in collaborazione con l’Istat). Chi volesse scaricare l’intero rapporto può trovarlo qui.

Secondo il Rapporto Ibdo, il diabete di tipo 2 è spesso erroneamente sottovalutato: “molte persone con diabete trascurano i sintomi e ne prendono consapevolezza solo dopo molti anni quando compaiono le prime complicanze. Il diabete è spesso la causa nascosta che determina infarto, ictus o insufficienza renale”.

Gli autori ricordano una volta di più l’importanza della prevenzione, fondamentale per impedire che il diabete produca complicanze, e sottolineano come spesso purtroppo accada che il diabete di tipo 2 (la forma più diffusa, a cui è principalmente dedicato il decimo Rapporto Ibdo) venga diagnosticato quando i danni al cuore, al sistema cardiovascolare, ai reni o agli occhi sono già cominciati. Bisogna invece evitare che sia la presenza della complicanza a far venire alla luce la condizione diabetica che l’ha causata.

Bellia, Dotta e Frontoni riassumono i dati che riguardano i livelli di rischio di sviluppare complicanze in chi ha il diabete.

  • Le malattie cardiovascolari sono da 2-4 volte più frequenti nelle persone con diabete, rispetto a quelle senza diabete, a parità di età e sesso.
  • Il diabete aumenta di quattro volte il rischio di sviluppare Ictus e del 300% il rischio di infarto.
  • La retinopatia diabetica è la principale causa di cecità legale fra i soggetti in età lavorativa.
  • Il 30-40% dei pazienti con diabete di tipo 1 e il 5-10% di quelli con diabete di tipo 2 sviluppano una insufficienza renale terminale dopo 25 anni dalla comparsa della patologia.
  • Il 15% delle persone con diabete sviluppa nel corso della vita un’ulcera agli arti inferiori, e un terzo di questi pazienti va incontro ad amputazione (il piede diabetico è la causa principale di amputazioni degli arti inferiori non dovute a eventi traumatici).

 

Il saggio, (citando dati ricavati da Il Diabete: Una sfida per i sistemi sanitari,
Italian health policy brief, anno IV, speciale  2014) ricorda anche che, tra le persone con diabete, il 15% soffre di patologie coronariche, il 22% ha una retinopatia e rischia la cecità, il 38% presenta alterazioni della funzionalità renale ed è a rischio di dialisi, il 3% ha problemi ai piedi e rischia di dover subire una amputazione.

Se emoglobina glicata e glicemia pre e postprandiale sono tenute sotto controllo, secondo i valori raccomandati, il rischio di sviluppare complicanze può essere fortemente ridotto.

Il quadro dei rischi è dunque molto serio, ma molto si può fare per prevenire o almeno ritardare l’insorgenza di complicanze. Gli studiosi di Ibdo, richiamando l’autorevole e classico studio di intervento, Ukpds (United Kingdom Prospective Diabetes Study), sottolineano che un corretto e tempestivo trattamento del diabete può ridurre in misura consistente i rischi di complicanze.

  • Si può ridurre di un terzo il rischio di ictus
  • Si può ridurre di un terzo quello di cecità
  • Si può ridurre del 50% quello di infarto
  • Si può ridurre di un terzo quello di insufficienza renale
  • Si può evitare che si arrivi alle temute amputazioni causate dalla degenerazione del piede diabetico.

 

Secondo l’Ukpds, precisano, “per ogni riduzione di un punto di emoglobina glicata (equivalente a una media di circa 25 mg/dl in meno di glicemia) si ottiene una riduzione del 37% dei danni oculari e renali, del 14% di infarto del miocardio, del 21% del rischio di decesso correlato al diabete e del 37% del rischio di complicanze microvascolari”.

Ma quali sono allora gli obiettivi terapeutici a cui tendere per praticare un buon trattamento del diabete anticomplicanze? Gli studiosi premettono che, secondo la diabetologia moderna, ogni terapia deve tenere conto delle esigenze e delle caratteristiche particolari di ogni paziente e che ogni prescrizione deve necessariamente essere personalizzata, ma indicano alcuni valori da raggiungere nella glicemia e nella emoglobina glicata (che misura la glicemia media degli ultimi due mesi)  su cui c’è generale consenso tra i diabetologi. Ecco gli obiettivi raccomandati per avere un buon controllo glicemico:

  • un valore di emoglobina glicata inferiore al 7.0%
  • un valore di glicemia prima del pasto tra 90 e 130 mg/dl
  • un valore di glicemia dopo il pasto inferiore a 180 mg/dl

 

Le complicanze del diabete, tra ricoveri, assistenza specialistica, farmaci e insulina sono causa del 90% dei costi dovuti al diabete. Riuscire a prevenirle rappresenta anche un importante risparmio per il sistema sanitario.

La prevenzione delle complicanze, o per lo meno della loro degenerazione, una volta che siano già comparse, non è soltanto fondamentale per mantenere nelle migliori condizioni possibili la salute delle persone con diabete, ma può avere effetti molto positivi nel ridurre la spesa sanitaria dovuta al diabete. Si stima infatti che le complicanze del diabete assorbano circa il 90% del totale dei costi legati al diabete, tra ricoveri ospedalieri (la voce più onerosa), assistenza specialistica, farmaci (insulina compresa).

In un saggio di Eva Pagano (Unità di Epidemiologia oncologica, Ospedale “Città della Salute e della Scienza” e Cpo Piemonte, Torino) e Graziella Bruno (Dipartimento di Scienze mediche, Università di Torino) –“Costi diretti del diabete in Italia” in “Il diabete in Italia”, a cura di Enzo Bonora e Giorgio Sesti, Bononia University Press, Bologna 2016- si riassumono alcuni dati relativi all’Italia raccolti dallo studio osservazionale Arno-Sid.

Scrivono Pagano e Bruno: “Le complicanze del diabete che determinano il maggiore impatto sui costi assistenziali risultano essere le nefropatie, le amputazioni e le rivascolarizzazioni degli arti inferiori con un costo addizionale intorno ai 4,5-5mila euro, seguiti dalle patologie cerebrovascolari con un incremento di costo intorno ai 3500 euro. Seguono le patologie cardiovascolari, la retinopatia, la neuropatia e le complicanze acute, con un costo addizionale compreso tra 1500 e 2000 euro. In termini relativi, l’impatto sui costi assistenziali delle complicanze per i casi incidenti, nello stesso studio, è risultato del tutto simile in termini relativi, e quindi lievemente superiore in termini assoluti, a quello stimato per i casi prevalenti. Altri importanti determinanti del livello di spesa sanitaria sono la lunga durata di malattia e il tipo di trattamento farmacologico antidiabete, in particolare con insulina”.