Nuovi criteri diagnostici del diabete gestazionale, frutto di uno studio spagnolo, migliorano gli esiti materni e fetali della gravidanza diabetica.
Una ricerca condotta in Spagna (St. Carlos Gestational Diabetes Study, pubblicato su Diabetes Care) ha messo a confronto un gruppo di 1.750 donne gravide esaminate tra l’aprile del 2011 e il marzo 2012 secondo i criteri tradizionali di Carpenter/Coustan con un secondo gruppo di 1.526 donne gravide, esaminate dall’aprile 2012 al marzo 2013 usando i nuovi Criteri diagnostici del Gruppo di studio della associazione internazionale di diabete e gravidanza (International association of diabetes and pregnancy study group – Iadpsgc).
Secondo il criterio tradizionale, in due tempi, tutte le donne del primo gruppo senza una storia precedente di diabete sono state sottoposte fra la ventiquattresima e la ventottesima settimana di gestazione al test di carico orale di O’Sullivan con 50 g di glucosio dopo un digiuno di 12 ore. Quando la glicemia a un’ora dal carico di glucosio, era superiore a 140 mg/dl, veniva eseguito un secondo carico orale con 100 g di glucosio con valutazione della glicemia in condizioni basali e dopo 1, 2 e 3 ore dal carico. Il test veniva considerato positivo, secondo Carpenter e Coustan, se due o più risultati ottenuti su plasma venoso, ai tempi 0 e dopo 1, 2 e 3 ore, erano rispettivamente eguali o maggiori a 95,180,155 e140 mg/dl.
Nel secondo gruppo di donne gravide è stata invece adottata la nuova metodologia. Ancora fra la ventiquattresima e la ventottesima settimana sono state sottoposte a un unico carico orale di 75 g di glucosio e la diagnosi di diabete gestazionale è stata posta se una o più delle glicemie rilevate al tempo 0 e dopo 1 e 2 ore dal carico erano rispettivamente eguali o superiori a 91,8, 180 (e 153 mg/dl.
L’adozione dei nuovi criteri diagnostici ha comportato, come atteso, un importante incremento dei casi di diabete gestazionale (35,5% rispetto a 10,6%), ma anche un netto miglioramento dell’esito delle gravidanze, con una riduzione della prematurità, del taglio cesareo, della ipertensione gestazionale, dei neonati piccoli per età gestazionale o grandi per età gestazionale e del ricovero nella unità di terapia intensiva neonatale.
Con la nuova metodologia si è inoltre registrato, malgrado l’aumento dei casi diagnosticati di diabete gestazionale e, di conseguenza, del numero delle visite, delle strisce reattive e dell’uso dell’insulina, un risparmio calcolato in 14.358 euro ogni 100 donne, principalmente per una riduzione dei tagli cesarei e dei ricoveri nell’unità di terapia intensiva.