Si è da poco concluso il Pronking Camp 2022 (o, meglio, il “Pronking Diabetic Training Camp”), l’iniziativa, ideata e promossa da Cristina Cucchiarelli, dedicata a diabete e attività fisica e sportiva e giunta quest’anno alla seconda edizione (qui potete vedere il video dedicato al campo). Se la prima esperienza sul Lago di Garda era stata un successo, la seconda -sul Lago di Bolsena (Viterbo), non distante da Roma- non è stata da meno. Ce lo attestano le testimonianze entusiastiche sia degli organizzatori sia dei partecipanti, che potete leggere in questo articolo.
Al Pronking Camp 2022 sul Lago di Bolsena, promosso da Cristina Cucchiarelli, tre giornate dedicate alla gestione ottimale del rapporto tra diabete e attività sportiva e al piacere di stare insieme imparando e divertendosi.
Il secondo Pronking Camp si è tenuto dal 16 al 19 giugno 2022: tre giorni intensi consacrati al tema della gestione ottimale del rapporto tra diabete ed esercizio fisico, a cui hanno partecipato ventiquattro persone con diabete di tipo 1 sotto la guida di Cristina Cucchiarelli e dello staff del “Pronking Diabetic Training Camp 2022” (ve lo avevamo presentato sul nostro sito qui). L’evento ha avuto, come il precedente, il contributo non condizionante di Ascensia Diabetes Care.
Come molti dei nostri lettori già sanno, Cristina Cucchiarelli è l’ideatrice del metodo Pronking, che, partendo da basi scientifiche, si propone di insegnare alle persone con diabete come praticare sport e attività fisica in armonia con il proprio stato di salute, ma soprattutto con coscienza e consapevolezza, traendone il massimo beneficio sia in termini di equilibrio glicemico sia dal punto di vista del benessere psicologico. I Pronking Camp sono un modo perfetto per mettere in pratica questi principi, aggiungendovi il valore inestimabile dello stare insieme tra persone che condividono le stesse esperienze e lo stesso bisogno/desiderio di sentirsi bene.
Cristina Cucchiarelli (nella foto qui a fianco, con la bandiera) ha ricevuto, per il suo metodo Pronking, il premio “Europe Idf Prize in Diabetes” dalla International Diabetes Federation, a conferma della serietà del suo studio e del suo lavoro. Dottoressa in scienze motorie, personal trainer, già ballerina e atleta, Cristina è a sua volta diabetica di tipo 1 da vent’anni e quindi sa bene di che cosa parla e come comunicare con chi vive la medesima condizione (di lei abbiamo parlato anche qui, qui e qui).
Il Pronking Diabetic Training Camp 2022 è stato così una vera immersione totale nella gestione della glicemia durante l’attività fisica, con un programma che prevedeva 50 chilometri di mountain-bike e 15 chilometri di trekking notturno, un’esperienza straordinaria particolarmente emozionante, come ci ha raccontato Cristina nell’intervista che ci ha rilasciato e che pubblichiamo qui sotto.
Cristina Cucchiarelli: “Il mio obiettivo è insegnare a sentirsi a proprio agio con lo sport e il controllo glicemico: vedere quindi i miglioramenti e i sorrisi mi fa comprendere ancora di più che momenti come questi siano formativi e fortificanti”.
Dottoressa Cucchiarelli, come è andata questa seconda edizione del Pronking Camp? Che bilancio se ne può trarre e quale confronto si può fare con la prima esperienza fatta l’anno scorso?
L’evento ha avuto un’agenda molto ricca, abbiamo affrontato il diabete da più punti di vista. Non solo attraverso lo sport, ma anche dal punto di vista medico e fisico/anatomico grazie all’intervento della dottoressa Alessandra Di Flaviani, diabetologa, e del dottor Roberto Zanghi, fisioterapista.
Sono molto soddisfatta, quindi, anche di questa edizione, che mi dà ulteriore conferma di come la conoscenza, ma soprattutto la condivisione della nostra malattia aiuti i partecipanti ad affrontare le piccole sfide quotidiane e a migliorare la qualità di vita.
Ogni campo regala emozioni differenti perché il campo lo fanno le persone: le loro esperienze, le loro curiosità e la loro voglia di mettersi in gioco.
Il mio obiettivo è insegnare loro a sentirsi a proprio agio con lo sport e il controllo glicemico: vedere quindi i miglioramenti e i sorrisi mi fa comprendere ancora di più che momenti come questi siano formativi e fortificanti.
I partecipanti dovevano essere al massimo 24: ma quanti hanno manifestato interesse e presentato domanda per candidarsi? E c’era qualcuno che era già presente al campo sul Garda?
Quest’anno abbiamo superato le 50 candidature, da ogni parte d’Italia, e di ogni età. Mi ha stupito come ragazzi molto giovani, poco più che maggiorenni, abbiano risposto in maniera entusiastica all’appello.
A ciò si aggiungono anche le numerose persone incuriosite dall’iniziativa che hanno chiesto informazioni sulle mie pagine Facebook e Instagram; altri mi hanno contattata per una prossima edizione.
Ho ricevuto alcune candidature di persone che hanno partecipato anche lo scorso anno, ma ho preferito aprire le iscrizioni a candidati che non avevano ancora vissuto questa esperienza. È difficile dover dire di no a qualcuno -fosse per me, accoglierei tutti- ed è per questo che già non vedo l’ora di preparare il prossimo campo.
Dell’edizione sul Lago di Garda, si sono uniti, come parte integrante dello staff, quattro partecipanti che hanno collaborato per la realizzazione delle riprese video, la supervisione del percorso in bike e in qualità di assistente.
Le persone che hanno partecipato al campo le sono sembrate ben preparate alla autogestione del proprio diabete? È stato facile o laborioso trasmettere loro i principi del Pronking? Cosa crede che si siano portati via i partecipanti da questo campo?
Abbiamo selezionato volontariamente partecipanti con differenti dispositivi di somministrazione insulinica proprio per affrontare insieme più casistiche possibili. Saper gestire la glicemia durante l’attività fisica non è affatto semplice, ma neanche impossibile, ed è proprio a questo che il metodo Pronking serve.
I momenti di discussione e di confronto sono serviti a coprire il ventaglio di domande e curiosità che i partecipanti avevano, e devo dire che sono state numerose: ciò significa che c’era grande interesse, ma soprattutto grande partecipazione. Ho notato anche molta collaborazione tra loro: dove non arrivava uno arrivava l’altro. Questa tre giorni insieme ha unito molto il gruppo, non lasciando nessuno indietro.
L’affiatamento che trapelava nei momenti di svago, ma soprattutto in quelli di difficoltà, è difficile da creare in soli tre giorni: eppure loro l’hanno fatto, si sono mossi come un unico elemento fin dal primo giorno e si sono ripromessi di rimanere in contatto quando è arrivato il momento di andar via. Alla fine, il Pronking Camp è anche questo: ascoltare, imparare e sentirsi insieme più forti.
Mountain-bike e trekking notturno. Come ha scelto le attività da svolgere? Le durate e i percorsi?
È successo tutto la prima volta che sono andata a Bolsena. Ero lì per piacere, ma è come se quel posto mi stesse chiamando: era la cornice perfetta per il mio progetto. Il lago offre diverse possibilità: paesaggi e alture differenti si prestavano perfettamente alla mia idea. Così, a ottobre, ho cominciato con i primi sopralluoghi e le prove tecniche per capire i percorsi più adatti. Abbiamo fatto 50 chilometri in mountain-bike percorrendo esattamente l’anello che costeggia il lago. E poi la collina, che di notte offre una vista meravigliosa con un fantastico cielo stellato, era imperdibile; quindi, ho preparato un trekking notturno di 12-15 chilometri che abbiamo affrontato insieme con una guida che durante il percorso ci ha anche affascinati con racconti storici.
La caratteristica dei Pronking Camp sta anche nella versatilità, il prossimo anno aggiungeremo sicuramente altre attività e sorprese.
Sappiamo che lei ha raccolto i commenti e le opinioni di chi ha partecipato. Ci può raccontare che cosa hanno detto e come hanno reagito a questa esperienza?
L’affetto che ho ricevuto dai partecipanti è impagabile. Quando hai a che fare con le persone sai che l’umanità è l’unica chiave possibile per arrivare. Io sono una di loro e sono con loro in ogni momento. La mia presenza non si esaurisce nei tre giorni di campo.
Quest’anno ho voluto chiedere ad alcuni dei partecipanti di descrivere il Pronking Camp in tre parole e questo è stato il risultato.
Le testimonianze di chi ha partecipato
A.L. dice: “Se dovessi descrivere questa esperienza con tre parole, probabilmente direi legame, consapevolezza e sport. È stato incredibile ritrovarsi lì con persone mai viste e stringere subito un legame così forte, il legame di chi condivide una costante nella propria quotidianità. In questi giorni ho capito di non essere solo”.
A.S. scrive: “Ho appreso dal punto di vista nutrizionale quanto influiscono grassi e proteine sulla glicemia, il calcolo dei Cho, e soprattutto mi è piaciuto come Cristina ha gestito l’integrazione alimentare durante lo sport. A livello emotivo non pensavo potesse darmi così tanto. Le mie tre parole sono amicizia-confronto-indimenticabile”.
Condivisione: una parola chiave
C.M. invece commenta: “Per descrivere questa fantastica esperienza non basterebbero tutte le parole del mondo, ma, dovendone usare poche, direi: fratellanza; condivisione, perché ognuno ha condiviso la propria esperienza con gli altri, ci siamo scambiati tantissime informazioni su come gestirci in modo più autonomo possibile; infine, entusiasmo perché lo sport è pura vita”.
L.G. vira sulla poesia: “Spesso il destino non deraglia per venirti a cercare, ma il campus ci ha messo sui binari giusti”.
G.F. consiglierebbe a una persona diabetica di partecipare al campus perché “ti restituisce la gioia di essere te stesso e la fiducia di poter andare oltre. Ma soprattutto, alla domanda “cosa ho imparato?”, direi che la risposta potrebbe sembrare semplice: per esempio, in quali momenti è importante misurare la glicemia per assicurarsi di avere determinati valori per lo svolgimento dell’attività fisica, o quanto è dolce il glucosprint… Ma la risposta è più profonda ed è la condivisione, l’insegnamento più importante: ascoltare, raccontare, sentirsi parte e mai soli”.
Infine, G.R., le cui tre parole sono “Amore, trasformazione e accettazione e per accettazione non mi riferisco alla malattia ma alla persona: mi sono sentita accolta e accettata a prescindere, per il solo motivo di esserci, senza nessun tipo di condizionamento o giudizio, potendo confrontarmi con altre persone affette da diabete. Ho imparato a gestire gli imprevisti e a ragionare in modo opportuno per valutarne gli effetti e prendere le decisioni correttive adeguate”.
(a cura di SV)
Riproduzione riservata ©